lunedì 28 febbraio 2011

UN MINUTO DI SILENZIO

 Sarebbe profondamente ingiusto pensare che la sofferenza sia in gran parte coniugata al femminile.
Però è certamente vero che molto (troppo) spesso, il dolore è il compagno invisibile e silenzioso di tante donne.    Un fardello in più, eppure trasparente agli occhi disattenti del mondo.

Per questo, oggi, vogliamo fermarci e soffermarci in silenzio su chi non ha nemmeno la voce per dirlo.

Pensiamo alle donne dei Paesi in guerra (di ieri e di oggi). E dunque al presente antico della Libia: dove alle ingiustizie di sempre, si aggiunge l'orrore di oggi. Donne uccise alle finestre delle piazze per il sostegno (forse solo un po' d'acqua) offerto ai manifestanti...Mogli e madri che sopravvivono al vedersi strappare il proprio uomo e i propri figli tra le mura di casa...Altre che - chissà come, chissà per quanto - cammineranno fino al mare senza sapere se quel confine d'acqua offrirà un'altra vita o un'altra morte.

Pensiamo alle madri di figli scomparsi (Denise...le due gemelline...)
Quelle i cui figli sono stati ritrovati (Sara....Yara...)
Quelle che li seguiranno tra corone di fiori in funerali solenni (di nuovo, oggi, in Afghanistan)


Chissà se il dolore di una donna, di una madre, di una moglie, è un dolore più grande, una ferita più profonda.
Certo è che, dove non scorre la cronaca, è una cicatrice più sottile e (dis)umana.
Una soglia confusa, sulla quale dovremmo riflettere e fermarci. Sfuggire al frastuono colorato di tanta pubblicità. Guardare dietro la superficie. Guardarci dentro. 

 Un minuto di silenzio per provare a capire.
 Per esempio, qual è la libertà che chiediamo e quale ci viene chiesta
 E in nome di quale libertà precipitiamo in scelte di dolore e di morte.
 Il Papa, in uno dei suoi ultimi interventi, ha chiesto sostegno alle donne che hanno affrontato il dramma dell'aborto. Ha invitato i medici (e i padri) a non ingannare - non più - le donne che vengono spinte a decidere di farlo.  

 Ci sono scelte dalle quali non si può tornare indietro.

 "Fermate tutti gli orologi, isolate il telefono,
                 fate tacere il cane con un osso succulento,
chiudete i pianoforti..." (W.H.Auden, Blues in memoria)

Facciamo silenzio. Ascoltiamo. 

Per sentire i passi di chi sta cercando la (vera) libertà o il pianto silenzioso della realtà che abbiamo intorno. 

Poi, potremo (ri)cominciare.

lunedì 21 febbraio 2011

bocca di rosa

 Siamo certi che non fosse necessario avere una laurea (anche se di insegnanti sì, ne abbiamo incontrati davvero tanti)  per comprendere i motivi che hanno spinto tante persone (persone, donne e uomini, ragazzi e ragazze, intere famiglie) a ritrovarsi in piazza, il 13 febbraio scorso.
 Eppure, leggendo certi improbabili commenti alla manifestazione, verrebbe voglia di mettersi lì, a spiegare...

Per esempio, che non era una manifestazione contro la prostituzione (!) ... Sarebbe mai possibile scendere in campo contro il mestiere più vecchio del mondo? Categoria  tra l'altro, che (dimostrando di aver chiaramente capito), ha appoggiato la discesa in campo e in alcuni casi anche partecipato.

Ma, come si dice, non c'è peggior sordo di chi non vuol sentire.

O di chi non vuol capire.

  E per confondergli ancor più le idee, aggiungeremo che a noi piace Bocca di Rosa. La sua bellezza trionfante e spiegazzata, la chiarezza dei ruoli. Ci piace il canto estremo di Fabrizio De Andrè: la suggestione di una voce per cantare chi non ha voce.
E ci piace Roberto Vecchioni. La strana storia della sua vita. Questo inatteso ritorno.

L'uomo che per noi ha vinto davvero, dedicando la vittoria a tutte le donne, alla donna che ha amato da sempre. A sua moglie. Più trasgressivo di così...

mercoledì 16 febbraio 2011

ANCHE PER TE



E' stato bello trovarsi
 e ritrovarsi in piazza. 
E' stato bello esserci senza bandiere nè altri segni di riconoscimento se non la voglia di dire basta. Una meravigliosa, corale voglia di cambiare. E' stato bello perchè ha restituito a tutti coloro che erano presenti la sensazione di essere e di esserci. Di poter dire e fare. Di essere partecipi e vivi. Vivi davvero (e con tutti i vestiti addosso), non come chi - in mutande - è già morto senza sapere di esserlo.

E' stato bello essere in piazza anche per loro.

E anche per te, che pensi sia meglio stare a casa per non essere vittima di basse strumentalizzazioni.
Anche per te che non potevi essere presente perchè anche la domenica, in ospedale o altrove, si lavora.
Anche per te che pensi che tanto è lo stesso, o che in fondo tutto questo è sempre successo e succederà sempre.
Anche per te che volevi esserci e gridare, ma hai pensato che non sarebbe stato coerente
Per te che, come fare?, l'unico giorno in cui puoi stare un po' accanto ai tuoi bambini, o perchè il più piccolo ha la febbre, o perchè tua madre è troppo vecchia e proprio da sola non la puoi lasciare
Per te che ti affidi a FB per colmare i tuoi vuoti e ti chiedi perchè non ci riesci
Per te che continui a illuderti che per te lascerà sua moglie
Per te che chiudi gli occhi e continui a ripeterti che è il padre dei tuoi figli
Per te che al tuo 110 e lode hanno preferito un'altra dopo avervi preso le misure

E' stato bello essere in piazza anche per te e  per ripetere insieme che si può dire basta, che si può cambiare.
Per te che sei già il futuro
Per i nostri figli
Per chi è scoraggiato o non ne vuole sapere, perchè tutto può succedere se non ne vogliamo sapere

martedì 8 febbraio 2011

SOCIETA' APERTA O CASA CHIUSA?

 Il discorso avrebbe potuto essere lungo. Ci avrebbe portato a chiederci perchè sono spesso proprio le donne le peggiori nemiche delle donne. In un corsivo a dir poco sorprendente, Maria Nadotti sul Corriere, risponde alla scelta di dire basta, agli appuntamenti del 13 febbraio, con un no. Il problema non è il no: ben venga ogni bastian contrario, o ancor più chi si pone la questione di strumentalizzazioni o peggio. Il problema è il perchè del no. Ora, premettendo che davvero non vale la pena leggersi questo panegirico che sembra risalire alla protostoria del protofemminismo (dove avrà vissuto la signora in tutti questi anni? Mah!), ci possono bastare un paio di citazioni/assaggi: sorvolando sull'ironia rivolta alle donne che lavorano in casa (!), afferma "Quel che mi intristisce, mi inquieta e mi spaventa è che dietro il vostro invito a «risvegliarci» si nasconda una velata, forse inconscia, forma di razzismo intrisa di sessismo e di classismo: donne sacrificali (quelle che vanno a letto presto e si alzano presto) verso ragazze a ore (quelle che vanno a letto col capo), moralità verso apatia dei sentimenti, anime verso corpi".
Ok. Basta così. Siamo  quasi pentite di averla citata, ma era per rendere l'idea. Non siamo invece pentite di invitarvi a leggere (tutto) l'intervento di Antonio Polito http://www.corriere.it/editoriali/11_febbraio_08/polito-stili-di-vita-delle-donne_6304735e-335c-11e0-ae6d-00144f486ba6.shtml
Non potrebbe fare meglio il punto della situazione. Non potrebbe chiarire meglio come a volte siano proprio le donne a farsi del male. A pensare che la libertà sia vendersi o interrompere "volontariamente" una gravidanza (avete mai conosciuto qualcuno che l'ha fatto? Le avete mai parlato? Le avete mai chiesto come si sente?)...
Insomma Polito dice che la divisione già presente all'interno di questa reazione delle donne (tra chi fa la morale e chi teme il moralismo) è frutto de L’incertezza deriva dal silenzio talvolta complice con cui una parte delle donne ha accettato in questi anni il diffondersi di stili di vita e modelli culturali che sono apparsi moderni e avanzati, e in realtà altro non erano che l’accettazione di una cultura porno e machista, un trionfo per l’immaginario maschile.
 E ancoraNaturalmente non imputo al movimento delle donne la radicale trasformazione dei costumi dell’ultimo trentennio, anche perché un movimento delle donne ormai non c’è più (e bisognerebbe chiedersi perché non c’è più e perché le ragazze di oggi sembrano così lontane e diverse, e così ostili ai valori che avrebbero dovuto emanciparle). Ma imputo alla cultura progressista una timidezza nel contrastare questa presunta modernizzazione. Per farlo, avrebbe dovuto riconoscere che c’erano aspetti della tradizione che sarebbe stato meglio conservare, avrebbe dovuto sforzarsi di comprendere la morale sessuale della Chiesa, avrebbe dovuto ammettere la necessità di un’etica privata, dopo essere diventata la paladina dell’etica pubblica; perché, come si diceva un tempo, il privato è pubblico."
 Non dimentichiamo e non dimentichiamolo. Non confondiamoci, Non facciamoci del male. Ricordiamoci che siamo una variabile attiva. Una variabile attiva.

martedì 1 febbraio 2011

SIATE UOMINI: DITE BASTA





  Non è solo una questione al femminile. No,no. Come ha già insistito nel suo intervento Giulia Bongiorno è una questione sociale ben più ampia.
Nel senso quindi politicamente più alto.
Non occorre scomodare Machiavelli per sapere che la politica può (e deve?) viaggiare su binari paralleli alla morale. Ma sempre il nostro "principe" chiariva che però il fine giustifica i mezzi a patto che le azioni che si compiono obbediscano a una finalità più alta: la ragion di Stato. Il bene e il benessere del proprio (in quel caso) regno.
E' evidente che viviamo in un momento storico nel quale manca l'una e l'altra cosa. Il malessere morale si traduce direttamente in malagestione della cosa pubblica.
E allora anche per questo, anche gli uomini dovrebbero dire basta.
Basta al degrado personale e collettivo.
Molti lo stanno già dicendo: personalità pubbliche come vicini di casa. Sarà un gesto importante.
Per toglierci quel dubbio sollevato da Isabella Bossi Fedrigotti http://www.corriere.it/cronache/11_febbraio_01/Donne-in-una-societa-bloccata-Dobbiamo-ripartire-dal-via_77332c74-2dd2-11e0-8740-00144f02aabc.shtml
«Degli uomini, dei nostri uomini, di quelli che hanno vissuto con noi, che hanno parlato con noi, che ci sono stati vicini, che ci hanno amate e in molti casi ancora ci amano, dei nostri amici, dei nostri fratelli e colleghi, ci sentiamo oggi un po' meno sicure. Anche se c'intendevamo perfettamente, se condividevamo passioni e ragionamenti, se pensavamo di conoscerli come le nostre tasche, si è fatto strada tra noi il timore di scoprire, magari sentendoli per caso parlare tra amici, che in fin dei conti anche per loro le donne valgono un tanto al chilo. E che intelligenza, cultura, studio, impegno professionale contano assai poco al confronto della "fortuna sulla quale sono sedute"».